È noto che l’Italia sia il paese con il maggior numero di siti storico-culturali, frutto di eredità accumulate da secoli. Questo patrimonio, e la conseguente identità, è riconosciuto anche a livello internazionale dove, secondo varie ricerche sulla reputazione dei paesi, si attribuisce una buona reputazione all’Italia in generale, che diventa eccellente sugli aspetti culturali, tanto che il nostro viene definito spesso come “il Paese della Bellezza”.
Allo stesso tempo si può osservare che nel mondo vi è un crescente interesse per la dimensione culturale. Molti paesi stanno investendo per scoprire, in taluni casi per riscoprire, il loro patrimonio culturale; in particolare, nell’Estremo e nel Medio Oriente con un impegno che non ha solo finalità turistiche ma anche identitarie ed educative, generando un vero e proprio punto di leva per la capacità distintiva e competitiva del loro paese. Pure da noi vi è una certa attenzione, favorita anche dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Tutto ciò è alimentato anche dallo sviluppo tecnologico, che ne favorisce l’arricchimento scenografico e la fruizione pure a distanza. In parole aziendalistiche, si riscontra una crescita dell’attrattività del settore culturale, inteso con la giusta contemporaneità, tanto rispetto alla domanda quanto rispetto all’offerta e, quindi, alla concorrenza.
CURARE LA CUSTOMER EXPERIENCE
In un contesto attrattivo e competitivo è abbastanza ovvio che per emergere sia necessario potenziare l’offerta dei vari operatori, individuando il posizionamento più consigliabile per ogni organizzazione. È necessario, comunque, uno sforzo d’investimento non solo finanziario, ma anche di competenze in modo da riuscire in un apparente miracolo: dare di più con meno costi. Il che significa saper finalizzare meglio le proprie iniziative e migliorare la produttività. In altre parole, vuol dire che non basta più la sola eccellenza tecnica, che rimane comunque fondamentale, se non è arricchita da altre componenti che la rendano ancor più interessante agli occhi dei potenziali utenti.
In questa ottica diventa essenziale una mentalità più calibrata sull’intera customer experience da interpretare addirittura door to door così da coinvolgere tanti momenti, definibili touch points, anche al di fuori della responsabilità dell’operatore.
Vengono, infatti, ad essere coinvolte altre persone e organizzazioni private e pubbliche, che nel loro insieme contribuiscono a generare le famose customer satisfaction e customer loyalty.
Queste sintetiche riflessioni portano a comprendere subito che aumenta vistosamente la complessità gestionale richiesta e praticata dai migliori benchmark che agiscono nel settore della cultura, tanto più se si considera che molte delle attività culturali rientrano nell’ambito dei servizi e non della manifattura, generando quindi ulteriore complessità.
L’IMPORTANZA DELLA COLLABORAZIONE
La crescente competitività e complessità porta automaticamente a dover ragionare e operare in chiave di marketing. È ormai ben compreso che, in situazioni di questo genere, emerge la necessità di una funzione, oggi espressa dal marketing, che orienti le attività di tutta l’organizzazione, pur nel rispetto dell’importanza di tutti e nella convinzione che solo con un’adeguata collaborazione (qualcuno direbbe “una squadra amalgamata”) si può uscire vincitori dall’arena competitiva, specie se internazionale.
In effetti lo spirito d’integrazione e coordinamento è da sempre un principio e un valore del marketing, visto proprio come una funzione integrata a livello intra-funzionale, inter-funzionale e, oggi, anche inter-aziendale, se si vogliono raggiungere risultati che da soli è quasi impossibile ottenere.
Questa natura del marketing è proprio quanto sembra essere necessario nel mondo culturale, che oggi appare ancora, con le dovute eccezioni, troppo autoreferenziale e poco in sintonia con quanto accade in un contesto in continua evoluzione, nel quale occorre bilanciare in modo equilibrato gli obblighi di breve termine con quelli di medio-lungo termine, grazie a una capace visione, che si può definire “sho-ng” (short and long term), basata sul win-win.
Da questo punto di vista emerge, di conseguenza, che per essere al passo del terzo millennio è necessario sapersi muovere su tre fronti del marketing: quello rivolto alle persone (B2C), quello rivolto alle imprese (B2B) e quello rivolto alle istituzioni (B2Pa). È con un intelligente legame con questi fronti, tali da farli diventare veri e propri partner, che si può potenziare l’offerta e renderla competitiva.
IL MARKETING PER MIGLIORARE LA QUALITÀ DELL’OFFERTA
Una volta acquisita la giusta mentalità, è possibile accedere a una strumentazione di marketing, anche tecnologica, che oggi è più che ampia. Bisogna quindi saper individuare gli strumenti più adatti e produttivi in relazione alla segmentazione e al posizionamento che si è scelto.
Un breve e semplice esempio può riguardare il fatto che molto spesso ci si sofferma, in modo quasi radicale, sulla qualità tecnica (in specie se fisica) che certamente è essenziale ma non sufficiente. Ad essa va aggiunta una qualità funzionale, che agevoli la fruizione, e una qualità aggiuntiva, che agevoli l’esperienza complessiva.
Ad esempio, per una mostra di quadri è preliminare la presenza di bei quadri e magari anche di grandi autori, ma allo stesso tempo è necessario che vi siano la giusta sequenza espositiva, illuminazione, pannelli illustrativi, guide e audioguide della mostra, sale ben strutturate e arredate, video integrativi sui protagonisti, eventuale musica di sottofondo, eccetera.
Ma questo può non bastare se non si offre anche una qualità aggiuntiva, che può partire dagli orari di apertura, servizi igienici con ottima pulizia, punto di ristoro (bar o ristorante), shop con libri pertinenti e altri oggetti in merchandising, convenzioni con altre mostre o altri prodotti/servizi culturalmente collegabili, parcheggio adeguato e/o una fermata di mezzi pubblici sufficientemente vicini, laboratorio per engagement e così via. Questa terza dimensione è praticamente illimitata perché, con un po’ di creatività, si possono aggiungere tante altre componenti, sia gratuitamente che a pagamento, così da potenziare l’attrattività.
Naturalmente il tutto va valutato e scelto in funzione del posizionamento e dei target da raggiungere nell’ambito della segmentazione oggi favorita dalla tecnologia.
L’esempio riportato – estendibile a tanti altri musei come il Guggenheim, teatri come La Scala di Milano, festival come il Cinema di Venezia, concerti come quelli all’Arena di Verona, aree cittadine come il Ponte Vecchio a Firenze, aree paesaggistiche come quelle di Cortina d’Ampezzo – permette di chiarire la necessità di marketing per le imprese che possono essere coinvolte in forma di sponsor, anche mediante idonee modalità di activation portatrici di gadget o altri benefit, e di partner, spesso anche in forma di fornitori collaborativi.
Il coinvolgimento delle imprese può avvenire da parte sia delle grandi che delle piccole nel rispetto delle proprie capacità, talvolta favorito da iniziative pubbliche quali il Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo (Fnsv) o l’Art Bonus. Il tutto supportato anche da istituzioni pubbliche che possono collaborare con la mostra in vari modi, compresa la visita di scolaresche nelle ore opportune o la presenza delle forze dell’ordine se si prevede un vernissage importante o altre forme di sostegno anche di tipo comunicativo per fruire del positivo impatto socio-economico-tecnologico sul territorio. È chiaro che se la mostra ha effettivamente un posizionamento elevato, la logica dell’evento diventa necessaria con tutta una serie di aspetti collaterali tipici del marketing degli eventi.
Un ulteriore aspetto da chiarire, all’interno di questa esemplificazione, è che quando si parla di marketing culturale bisogna sempre distinguere il marketing della cultura[1], che si riferisce a quello praticato dall’operatore culturale, e il marketing con la cultura, che si riferisce invece a chi, essendo un’impresa o un’istituzione, collabora con l’operatore culturale per trarne un beneficio di notorietà, reputazione e vendita grazie anche alla positività della organizzazione culturale nella percezione delle persone.
Per concludere, il tutto è sintetizzabile nello schema riportato in calce, dal quale si evince che l’attrattività della cultura genera intensità concorrenziale, che a sua volta produce complessità dell’offerta; quest’ultima stimola la necessità di marketing e il tutto genera un circolo virtuoso e sostenibile.
[1] Sergio Cherubini è autore del libro Marketing della cultura. Per la Customer experience e lo Sviluppo competitivo, ed. FrancoAngeli – Milano, 2020 ed è stato ordinario di Marketing e management all’Università di Roma Tor Vergata. Oggi è Scientific Advisor for Business Transformation.
(Articolo pubblicato sul numero di febbraio dell’Imprenditore)
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