Favorevole posizione geografica, condizioni di investimento agevolate in tema di fiscalità, incentivi allo sviluppo in zone ad hoc, tassazione ridotta al 15% per chi esporta almeno il 50% della produzione, tasso di scolarità al 90% ed elevato numero di università, distretti specializzati. È l’insieme degli elementi che, come spiega Francesca Tango, direttore Ufficio Ice Agenzia di Tunisi, rendono vantaggiosa la possibilità di investire nel paese mediterraneo. “I rapporti con il tessuto imprenditoriale e associativo locale sono consolidati e costanti – afferma –. A dicembre 2023 abbiamo già realizzato incoming di 30 delegazioni di operatori esteri dalla Tunisia in Italia, in visita a distretti e manifestazioni fieristiche, per un totale di oltre 90 delegati, che hanno realizzato incontri e B2B mirati e 5 iniziative in loco. Complessivamente – sottolinea – hanno partecipato 177 aziende italiane e 200 imprese locali”.
Nella rete degli Uffici Ice, quello di Tunisi rappresenta l’11° ufficio della rete estera per servizi di assistenza erogati – dopo Berlino, New York, Madrid, Los Angeles, Miami, Bruxelles, Parigi, Istanbul, Algeri, Pechino –, nonché il 2° ufficio della rete del continente africano dopo l’Algeria, a testimonianza di un interesse sempre vivo e crescente, pur in presenza di un contesto mondiale geopolitico di grandi cambiamenti. Nel corso del 2023 sono state oltre 700 le aziende che hanno beneficiato dei servizi di assistenza erogati e che spaziano dalla materia doganale a quella fiscale, legale e di analisi di mercato.
Di condizioni privilegiate godono inoltre le aziende che scelgono di operare all’interno dello Zarzis Business Park, ubicato nella parte meridionale del paese, a circa 500 chilometri dalla capitale, e servito dall’aeroporto di Gerba. “È un luogo ideale per gli investimenti diretti esteri – spiega Chaouki Friaa, presidente e dg del parco –. Situato in posizione strategica a sole due ore di volo dalle principali città europee, lo Zarzis Business Park è un hub sulla sponda settentrionale e meridionale del Mediterraneo e per i mercati africani. Offre agli investitori internazionali un’infrastruttura industriale e informatica che soddisfa gli standard internazionali”. “Lo Zarzis Business Park (con cui Confindustria Assafrica & Mediterraneo ha siglato un accordo di collaborazione, ndr) è l’unico interlocutore per tutte le procedure di insediamento e supporto agli investitori italiani nei settori industriale e informatico”, sottolinea ancora Friaa.
Il contesto favorevole ci è stato illustrato anche dall’Ambasciatore d’Italia a Tunisi, Alessandro Prunas. Ma qual è l’opinione degli imprenditori rispetto al fare business in Tunisia? Lo abbiamo chiesto a tre di loro: Sergio Orso, titolare di Hitherm, specializzata in forniture per l’impiantistica civile, industriale e navale con sede ad Agliè, vicino Torino, Giuseppe D’Alessandro, Ceo di Eemaxx Engineering, società attiva nel campo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, e Giuseppe Colaiacovo, vice presidente di Colacem, uno dei più importanti produttori di cemento italiani.
ORSO: “OPPORTUNITÀ ENORMI, CI SONO PERSONE MOLTO VALIDE CHE HANNO VOGLIA DI CRESCERE”
L’azienda è frutto della mia esperienza – sono nel settore della termotecnica dagli anni ‘80 – e di quella del mio socio Massimo Truffa, che è anche proprietario di una società che fa installazioni industriali. Con la Hitherm siamo focalizzati sul prodotto pressfitting, ovvero tubi e raccordi che vengono uniti insieme a freddo da un’attrezzatura meccanica e robotizzata molto semplice da usare, che risolve il problema della ricerca di manodopera specializzata nell’impiantistica termotecnica. Noi produciamo il sistema per pressfitting in Italia con due materiali: l’acciaio inossidabile e l’acciaio galvanizzato.
Dal 2022 abbiamo cominciato a operare in tutto il Maghreb, iniziando proprio dalla Tunisia grazie alla conoscenza personale di un manager che già vi operava ma in un altro settore, il quale ci ha fatto un po’ da apripista. Riteniamo che la Tunisia, così come tutto il Maghreb, siano le nuove frontiere da affrontare, come lo sono stati negli anni addietro la Cina e l’India. Con la Tunisia siamo molto più vicini, è tutto più facile, e c’è anche un’affinità culturale, mediterranea, che in qualche modo ci lega a questi paesi.
Nel paese abbiamo un’azienda di distribuzione che si avvale di personale locale, il quale si occupa di fare formazione, delle vendite, con obiettivi abbastanza ambiziosi: stiamo valutando di insediarci anche a livello produttivo, al fine di ridurre i problemi dei costi legati alle esportazioni tra il Nord Italia verso la Tunisia. Si potrebbe sviluppare anche l’occupazione del territorio, visto che la Tunisia è tra i paesi del Maghreb che più ha sofferto negli ultimi anni.
Le opportunità per noi sono enormi. Sono quelle di un prodotto che non esiste in quel territorio e che quindi è molto richiesto, come ci è successo in tutto il resto d’Europa e non solo. Per esempio, anche in Nord America e nei paesi dell’est, il nostro prodotto si è espanso rapidamente grazie alla semplicità di utilizzo e al fatto di non avere più necessità della manodopera specializzata.
I rischi possono essere quelli geopolitici, come stiamo vedendo negli ultimi tempi. D’altra parte, paesi come la Tunisia sono molto propensi ad aprire le porte all’industrializzazione e a ricevere il know how ingegneristico dei paesi europei. Credo che l’unico rischio sia l’instabilità che, se dovesse tornare, porrebbe un freno profondo all’insediamento di investimenti produttivi. Consigli? Interfacciarsi con persone molto affidabili, che conoscano bene il mercato e il territorio. Noi, ad esempio, abbiamo collaborato e collaboriamo attualmente in maniera stretta con persone sul posto che hanno lavorato già con società europee e conoscono benissimo l’Italia. In Tunisia si trovano persone molto valide, che hanno voglia di crescere, lavorare e che vedono le potenzialità del loro Paese. Prima di tutto occorre avere un buon referente sul territorio, che sappia muoversi nell’ambiente burocratico-amministrativo. In genere le pratiche sono molto snelle, ma è anche facile incappare in qualche problema che potrebbe ostacolare l’apertura di uffici o comunque di aziende.
D’ALESSANDRO: “È IMPORTANTE COINVOLGERE IL PARTNER LOCALE NEL CO-INVESTIMENTO”
La Eemaxx Engineering si occupa di progettare e realizzare, fino all’autorizzazione inclusa, impianti di produzione di energie rinnovabili. Nasciamo come gruppo nei Paesi Bassi a Maastricht nel 2002, in primis nel settore dell’eolico, ma poi abbiamo ampliato nel fotovoltaico, biomasse, biogas, e da ultimo abbiamo già approcciato con alcuni sviluppi l’idrogeno verde e il biometano per la decarbonizzazione di alcuni nostri clienti, che sono raffinerie di petrolio e impianti petrolchimici. Siamo attivi in Italia, nei Balcani, e siamo molto presenti in Africa, sia nel Nord Africa che nell’area occidentale.
In Tunisia abbiamo avviato lo sviluppo di impianti eolici. Poi, a seguito della nostra esperienza in Italia con alcuni clienti che hanno creato una hydrogen valley in Sicilia, ad Augusta, e al successivo sviluppo da parte nostra di altre hydrogen valley in Italia e non solo, abbiamo pensato di estendere al fotovoltaico. Non tanto per il mercato locale – perché non credo che ci sia capienza – quanto per l’export verso la Sicilia dove avremmo già dei nostri offtakers; nello specifico ad Augusta e Priolo, ma anche per l’export nel resto d’Italia e d’Europa. Stiamo inoltre verificando la possibilità di produrre green ammonia nel paese ed esportarla.
Stiamo anche valutando se produrre con gli elettrolizzatori (impianti che permettono di produrre idrogeno tramite l’elettrolisi dell’acqua), di cui stiamo costruendo una fabbrica in Campania, e stiamo valutando se produrre direttamente con i nostri elettrolizzatori in Tunisia oppure se usare l’energia prodotta in Tunisia per realizzare poi l’elettrolizzatore in Italia.
Consigli? Beh, noi ovunque, non solo in Tunisia, abbiamo partner locali., che sono già presenti nel settore di competenza e che, soprattutto, possono anche dare un supporto quantomeno tecnico, ingegneristico, e non solo. Inoltre, in quasi tutti gli altri paesi, lasciamo una percentuale minore al partner locale nella società di scopo. È importante coinvolgerlo anche sotto l’aspetto del co-investimento o, qualora non ci fosse da parte sua la possibilità finanziaria, almeno dare una percentuale che possa incentivare a fare bene insieme.
COLAIACOVO: “IL MODO ITALIANO DI FARE IMPRESA È BEN VISTO”
In Tunisia siamo arrivati nel 2000, durante una campagna di privatizzazione dei vecchi impianti produttivi di cemento lanciata dal governo di allora. Noi acquisimmo un impianto che si trova proprio a Tunisi e che secondo il governo era destinato alla delocalizzazione.
Come Colacem abbiamo il know how per il revamping degli impianti, siamo capaci di ottimizzare la produzione del cemento facendolo convivere con strutture urbane, e lo facciamo attraverso strutture all’avanguardia, che utilizzano le migliori tecnologie per il controllo delle emissioni e la produzione di cemento, le famose “migliori tecniche disponibili” (Bat).
Così abbiamo fatto per il Ciments Artificiels Tunisiens (Cat), che si chiama così perché adotta una tecnologia apposita per fare il cemento artificiale. Abbiamo fatto un investimento di circa 200 milioni di euro – credo che sia l’investimento più importante di un’azienda privata in Tunisia dal 200 – e questo impianto attualmente ha una capacità produttiva circa di un milione di tonnellate ed è perfettamente integrato nella struttura urbana. Il filtraggio ibrido applicato a Tunisi lo abbiamo esportato anche altrove e le emissioni sono ben al di sotto della norma europea.
Inoltre, per questo impianto siamo stati pure premiati dalle Nazioni Unite, perché con il progetto di CDM (Clean Development Mechanism) recuperiamo i noccioli delle olive e li bruciamo nei nostri forni.
Circa la situazione nel paese, essendo presenti dal 2000 abbiamo visto diversi scenari susseguirsi a Tunisi, per esempio il cambio di regime nel contesto della Primavera Araba, e il processo di democratizzazione che stanno compiendo. Quello che posso dirle è che la nostra attività di produttori di cemento è ben vista dal paese, è ben visto il modo di fare impresa italiano, perché gli italiani fanno impresa rispettando l’ambiente, rispettando le persone, migliorando la qualità del lavoro e la sicurezza. Questo viene riconosciuto come diverso e qualitativamente molto superiore agli altri.
Consigli? Beh, in passato sono stato vice presidente di Confindustria Assafrica & Mediterraneo e quindi sono stato un punto di riferimento per molti colleghi imprenditori che volevano informazioni sulla Tunisia.
Devo dire che molte imprese italiane, specialmente nei periodi di crisi – parlo dei momenti della crisi dell’edilizia, quindi dal 2010 in poi, quando l’Italia ha cominciato ad avere un rallentamento importante – venivano a cercare rifugio in paesi come la Tunisia. Per andare all’estero, però, soprattutto nel settore dell’edilizia, bisogna essere attrezzati. Non si può cercare rimedio ad un problema aziendale, che magari si genera in Italia andando a cercare mercati all’estero. Bisogna essere organizzati, non solo da un punto di vista finanziario ma anche con il personale, la logistica.
Questi paesi sono comunque difficili e hanno bisogno di un livello di attenzione e di concentrazione non banale. Il mercato tunisino resta un mercato interessante, sebbene nell’ultimo anno vi sia stato un rallentamento generato dalla situazione internazionale. Rispetto ad altri la Tunisia è un po’ in difficoltà perché deve comunque fare un processo di cambiamento radicale per accedere a fondi di finanziamento internazionali che possano dare una spinta allo sviluppo, anche infrastrutturale.
(testi raccolti da Flavio Rossano e Alfredo Sagona)
The post ⚡️ Tunisia, le imprese si raccontano appeared first on L'Imprenditore.