In costante crescita a due cifre dal 2010, Redbox – 42 milioni di euro di fatturato nel 2023 e 200 dipendenti – vive della passione per l’innovazione del suo amministratore unico Diego Meuti (nella foto in alto) occupandosi principalmente della creazione di soluzioni di packaging, dello sviluppo di materiali Pop e della gestione di servizi di co-packing per primari brand internazionali. Un approccio eclettico al mondo della confezione dei prodotti che ha da sempre caratterizzato il modus operandi della famiglia Meuti, partita nel 1993 dalla sede storica di Pomezia, in provincia di Roma, producendo le classiche scatole di cartone ed ora presente a 360 gradi in un settore che nel tempo si è sviluppato anche nel solco di un raffinato design.
“In meno di quindici anni siamo stati in grado di diventare un’azienda capace di configurarsi più come un’agenzia che produce e non più identificabile solo per l’approccio classico durato fino al momento della necessaria ristrutturazione del lavoro interno – spiega Diego Meuti –. Da quel cambio di passo in poi iniziamo così ad aumentare i servizi offerti alla clientela, ci dotiamo di un account commerciale, facciamo rendering e sotto questa spinta Redbox prende forza soprattutto nell’area degli espositori, riuscendo parallelamente ad acquisire l’ex stabilimento della Playtex sempre qui a Pomezia. Nel 2014 apriamo una sede di progettazione e successivamente anche commerciale a Milano, mentre due anni dopo ci siamo dotati pure di uno stabilimento a Mezzago, in provincia di Monza e della Brianza”.
Avendo ormai nel proprio portafoglio clienti quasi tutte le multinazionali che operano in Italia, Redbox dispone al momento di sei sedi produttive (l’ultima delle quali aperta nei giorni scorsi a Barcellona), che danno sostanza ai tanti brevetti capaci di far conoscere la Pmi laziale in giro per il mondo. “Per quanto riguarda invece il settore degli espositori e della comunicazione visiva, la nostra presenza a livello internazionale è, se possibile, ancora più capillare visto che riusciamo ad innovare continuamente utilizzando pure la realtà virtuale per condividere i prototipi. Tra questi ci sono espositori in grado di essere montati in un nulla, il più famoso dei quali si chiama magnetic display”.
Il tutto con l’obiettivo di cercare di continuare a mettere a terra quella visione legata all’internazionalizzazione dell’impegno commerciale che ha caratterizzato il marchio Redbox nel corso dell’ultima parte della sua storia industriale. “Per poter restare vigili e di conseguenza aggiornati su quanto viene proposto sui mercati mondiali non si può far altro, ripeto, che lavorare tanto sull’innovazione e guardarsi attorno con rinnovata curiosità – sottolinea Meuti –-. È il motivo per cui io giro veramente tanto alla ricerca di novità da inserire nella nostra produzione. Inoltre, abbiamo investito in una ventina di collaboratori che si occupano di ricerca e sviluppo, team essenziale per mantenere uno sguardo qualificato su quanto accade all’esterno dell’azienda”.
Una presenza nel settore tanto qualitativa quanto a largo spettro che consente perciò a Redbox di interfacciarsi con una clientela estremamente diversificata. “Siamo da sempre stati piuttosto trasversali. In altre parole, il range commerciale di Redbox va dall’alta moda all’ortofrutta, riuscendo a centrare al meglio le necessità dei vari ambienti in cui ci muoviamo abitualmente. Facciamo, per esempio, i porta abiti da sposa per Dior, mentre, a venti metri di distanza, sono in funzione i macchinari che producono le cassette per trasportare la frutta. Qualcosa di particolare, un modo di fare che ci contraddistingue”.
Parallelamente, negli stabilimenti della realtà industriale pometina, si lavora anche su altro per proseguire a crescere nella direzione auspicata. “Per dare supporto alla clientela è importante avere un approccio tecnologico avanzato, quindi proponiamo loro piantane con ologrammi, led, schermi. Il cambiamento in atto nei vari punti vendita ci mette poi nella condizione di dover indossare, talvolta, anche i panni degli insegnanti”.
Redbox, tra le altre cose, possiede il know how per mettere in campo una visione sartoriale che continua ad essere molto apprezzata da brand e attività commerciali non solo italiane. “Sostanzialmente siamo una sartoria che fa packaging su misura, un tailor made mai massivo o a basso prezzo, comunque – chiarisce l’amministratore unico della Pmi con quartier generale a Pomezia –. Siamo stati i primi a fare le scatole per l’e-commerce di Dior, e La Pergola, il ristorante romano dello chef pluristellato Heinz Beck, ci commissiona ogni anno la confezione trasparente e di design in cui viene inserito il piccolo panettone che viene regalato ai clienti sotto Natale. Un impegno creativo per parecchi marchi importanti, che poi è destinato tornare indietro sotto forma di referenze dal grande peso specifico”.
E dopo aver dato vita a quasi 20mila progetti negli ultimi dieci anni, Redbox spera di poter portare a breve la sede principale ad Ardea, dove c’è da riqualificare l’ultimo stabilimento acquisito dall’azienda laziale. “L’altro traguardo che speriamo di raggiungere il più presto possibile è quello di un ulteriore sviluppo della nostra presenza all’estero: dopo la Spagna, infatti, stiamo ipotizzando di sbarcare anche nei paesi arabi e negli Stati Uniti”, conclude Meuti.
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