Dal 1897 l’arte della distillazione della famiglia friulana Nonino è caratterizzata da queste parole chiave: artigianalità, tradizione, innovazione e passione. La grappa, che è sempre stata considerata un distillato grezzo, grazie alla famiglia Nonino oggi è apprezzata come prodotto di alta qualità in tutto il mondo. La forza di questa azienda, che si trova nella piccola frazione di Percoto, a Pavia di Udine, è saper unire i richiami al passato con elementi di innovazione e ricerca, così da offrire ai clienti esperienze sempre nuove e catturare l’attenzione anche dei giovani.
Francesca Bardelli Nonino (nella foto accanto), sesta generazione della famiglia di distillatori friulani, cura la comunicazione web dell’azienda ed è corresponsabile del mercato americano. È diventata celebre via social grazie ai video nei quali racconta la storia, la passione e le vicende della famiglia e della produzione di grappa in modo semplice e spontaneo. Nel 2024 è tra i migliori comunicatori secondo Forbes Italia.
Il suo approccio – basato su una comunicazione autentica e personale, che mostra la vita quotidiana della distilleria e il profondo legame con il territorio – fa leva sulla trasparenza come valore chiave rivelando come dietro al prodotto ci sia una storia ricca e affascinante. Inoltre, coinvolge direttamente i clienti, rendendoli parte della storia di Grappa Nonino.
Qual è il motivo per cui la Nonino è diventata la migliore distilleria del mondo?
Siamo stati la prima distilleria italiana e il primo brand di grappa a essere eletti “Migliore distilleria del mondo” nel 2019 da Wine Enthusiast (celeberrima rivista di settore negli Stati Uniti, ndr) e la motivazione con cui ci hanno consegnato il prestigioso riconoscimento è quella di “aver saputo ridisegnare un distillato tradizionale per l’era moderna”.
È stata la consacrazione della sfida cominciata dai miei nonni, Giannola e Benito Nonino, di dimostrare al mondo che la grappa poteva essere qualcosa di diverso da “l’acqua di fuoco che brucia anche la fame”, ma essere l’anima dell’uva nel bicchiere.
Il primo dicembre 1973, con una nuova visione per il distillato che facevano da generazioni, ruppero gli schemi della tradizione creando la prima grappa monovitigno. Diedero inizio così al rinascimento del distillato più antico d’Italia, la grappa che da Cenerentola diventa il distillato che rappresenta l’eccellenza del made in Italy nel mondo.
Considerando la vostra esperienza, qual è la ricetta affinché anche una Pmi riesca ad affermarsi nel mondo di oggi?
Tanta passione e la voglia di condividere con il mondo un prodotto e servizio in cui crediamo tutti noi stessi. Soprattutto nelle Pmi, in cui i budget per le spese di comunicazione sono limitati, l’intelligenza emotiva e la genuina voglia di entusiasmare gli altri, rendendoli parte integrante della propria visione e del proprio sogno, sono fondamentali. Il prodotto deve essere eccellente, ma i rapporti umani fanno sempre la differenza. È solo con una passione condivisa e affidandosi anche al lavoro degli altri che ci si può affermare a livello globale.
Quali suggerimenti si sente di dare ad una Pmi per essere presente sul digitale?
Di non avere paura delle proprie piccole dimensioni e di usare contenuti “home made” sui propri canali, perché potrebbero essere ancora più validi e percepiti come più genuini e veritieri dagli utenti che ci seguono. Io sono stata riconosciuta come “l’influencer della grappa” grazie ad un percorso cominciato con un video fatto con il mio smartphone e una campagna LinkedIn da 300 euro. A volte contenuti che sono chiaramente “fatti in casa” riescono a raccontare in maniera ancora più autentica l’identità della propria realtà aziendale.
È giusto cercare ispirazione, ma senza diventare la copia di quello che fanno gli altri. Il mio consiglio è quello di sperimentare per trovare lo stile comunicativo adatto e raccontare online, nel modo più veritiero possibile, chi siamo. I rapporti che si verranno a creare così saranno veri e sentiti, andando a realizzare un circolo virtuoso fra mondo digitale e reale.
Il processo di internazionalizzazione presenta non poche sfide per una Pmi che vuole espandere il proprio business. La distilleria Nonino continua a guadagnare consensi in tutto il mondo. In base alla sua esperienza, come si possono superare le difficoltà che si affrontano sul mercato internazionale?
Credo che nel processo di internazionalizzazione sia fondamentale imparare ad accettare la reinterpretazione del proprio brand o, meglio, che la storia è una sola ma i modi di raccontarla sono infiniti. Nel momento in cui non sei solo tu a raccontare la storia della tua azienda, del tuo marchio e del tuo prodotto, devi accettare stili di comunicazione diversi dal tuo.
Gli aspetti della tua azienda che emozionano, coinvolgono te, potrebbero non essere gli stessi per un’altra persona o per un altro mercato. Il racconto dell’azienda così si arricchisce, evolve con l’esperienza degli altri, con la contaminazione culturale, acquisendo nuove sfumature.
In un’epoca in cui il profitto sembra essere la misura dominante di ogni successo, quale deve essere – per la Nonino – la finalità principale di un brand?
Per questa risposta voglio citare la tesi di laurea honoris causa di mia nonna Giannola, che esprime perfettamente la nostra visione: “La prima finalità del nostro impegno, in un’epoca in cui il profitto sembra essere la misura dominante di ogni successo, non è mai stato il guadagno, ma l’impegno per il miglioramento continuo, per la ricerca esasperata della qualità, per l’innovazione, per la produzione della migliore grappa del mondo”.
Il primo obiettivo deve essere sempre quello di creare valore, un prodotto e/o un servizio che siamo orgogliosi di rappresentare. Io sono voluta entrare nell’azienda di famiglia e, come nuova generazione, per me la differenza è stata quella di crescere vedendo la mia famiglia vivere il lavoro come una missione di vita. Per me è impagabile l’orgoglio, il senso di appartenenza che provo quando rappresento il brand nel mondo.
(Articolo pubblicato sul numero di dicembre dell’Imprenditore)
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