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Seconda Chance, Responsabilità sociale e crescita dei brand

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Centinaia di opportunità di lavoro già assicurate a detenuti, affidati ed ex detenuti grazie alla disponibilità di centinaia di imprese, e giornate infinite per Flavia Filippi e la sua rete di referenti regionali e collaboratori dal nord al sud Italia: la giornalista del TgLa7 – che abbiamo intervistato per questo numero – coordina dal 2022 l’associazione no profit del terzo settore Seconda Chance, che porta avanti anche formazione, sport, svago e altro per migliorare la condizione della popolazione carceraria.

Con un protocollo di collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che riconosce “la qualità dell’intervento capace di attivare, su diversi distretti del territorio, positivi accordi con il mondo dell’imprenditoria al fine di attuare percorsi di inserimento lavorativo extra-murario a beneficio di persone detenute”, in questi anni Seconda Chance è cresciuta, non senza difficoltà, e punta ad ampliarsi.

Molte delle aziende associate a Confindustria si sono messe in gioco, con benefici win win e un impatto significativo anche sulla valorizzazione del brand: in un’era dove la responsabilità sociale è chiave di competitività, il fatto bene in Italia moltiplica il suo valore quando si sposa al fare bene all’Italia, alle persone.

 

Da dove nasce e quali sono gli obiettivi di Seconda Chance?
Il mio lavoro è un altro, sono una giornalista del TgLa7 e occupandomi di cronaca giudiziaria ho sempre avuto interesse per il mondo penitenziario. Ho creato il progetto Seconda Chance da sola all’inizio del 2021, procurando decine di offerte di lavoro per detenuti ed ex detenuti e arrivando a firmare protocolli d’intesa con aziende pubbliche e private.

Nel 2022 Seconda Chance è diventata un’associazione no profit del Terzo Settore con referenti in ogni regione e collaboratori in varie città. Abbiamo un ruolo di cerniera tra le carceri e le imprese e siamo forti di un protocollo di collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

La mission è quella di individuare aziende smart e di convincerle a venire a fare colloqui in carcere con noi. Ci aiuta un po’ il fatto di poter proporre le agevolazioni economiche della legge Smuraglia (193/2000), che offre sgravi fiscali a chi assume, anche part time e a tempo determinato, detenuti in articolo 21, cioè ammessi al lavoro esterno al carcere. Naturalmente si tratta di persone che le direzioni delle carceri considerano meritevoli e pienamente riabilitate, gente selezionata sulla base dei requisiti indicati dagli stessi imprenditori.

Nonostante le forze limitate, Seconda Chance è un progetto affermato sull’intero territorio nazionale ed è per molti un importante punto di riferimento: la popolazione carceraria scrive continuamente a info@secondachance.net e interagiscono anche i direttori delle carceri, gli educatori, gli agenti di Polizia Penitenziaria sommersi dalle emergenze.

Cerchiamo lavoro per chi è nella condizione giuridica adeguata per uscire dal carcere, ma anche per chi non è autorizzato a uscire. E dunque facciamo conoscere agli imprenditori anche la possibilità di fare impresa dentro: li portiamo negli istituti a visionare i capannoni/locali inutilizzati che le direzioni concedono in comodato d’uso gratuito. I costi del personale sono vantaggiosi. Lavanderie industriali, sartorie, officine, falegnamerie, call center, biscottifici, sono molteplici le attività commerciali che si possono avviare negli istituti sfruttando una manodopera che ha costi vantaggiosi e regalando tante seconde chance ai detenuti non ammessi a lavorare fuori.

 

Quante sono le Pmi che negli anni hanno aderito e da che cosa generalmente sono mosse in prima battuta?
Le offerte di lavoro procurate da Seconda Chance sono al momento 370. Hanno aderito al progetto aziende di ogni ordine e grado: dalla Fabbrica di san Pietro in Vaticano a Terna, McDonald’s, Conad Nord Ovest, Joule, Fiege Logistics, la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, l’Istituto Superiore di Sanità, il Gruppo Bosch, Acqua Vera, Acqua san Pellegrino, Gruppo Palombini, Autostrade per l’Italia, Fipe Confcommercio, Arcaplanet, Marchesini Group, Nespresso e tante altre. “Seconda Chance” ha collaboratori in ogni regione, persone che interagiscono quotidianamente con aziende e carceri, una struttura articolata che necessariamente ha bisogno di supporto. E non posso che ringraziare Intesa Sanpaolo che ci ha inserito nella sua piattaforma “For Funding” e ci sostiene attivamente. 

 

L’impegno sociale, oltre ad essere una prova tangibile del senso di responsabilità delle imprese, è anche una potente leva di valorizzazione del brand perché porta in evidenza i valori e la mission di un marchio. Il progetto Seconda Chance offre anche questa prospettiva.
Venire con noi in carcere a fare colloqui, a conoscere persone che magari nei giorni precedenti si sono fatte portare dalla mamma la camicia stirata proprio per fare il colloquio, è un’opportunità che a mio parere andrebbe colta al volo. Ma certo servono sensibilità particolari. Chi sceglie di aderire non lo fa perché ha carenza di personale, non lo fa per risparmiare, non lo fa per ottenere i riscontri mediatici che comunque arrivano copiosi, non lo fa per sentirsi migliore. Lo fa perché sente dentro di sé lo slancio di tendere la mano a qualcuno che solo afferrandola può salvarsi.

 

Quali sono le competenze più ricercate dalle Pmi rispetto alle figure da inserire?
Le realtà che più offrono lavoro ai detenuti sono quelle dell’edilizia e quelle della ristorazione. Abbiamo firmato un protocollo di collaborazione con Ance Toscana, un accordo teso a portare corsi di formazione nelle carceri e a informare le ditte della regione della possibilità di andare a cercare personale negli istituti.

Per Piacenti Spa di Prato lavorano detenuti di Gorgona, Pianosa, Prato, Roma. Da Tecnopali Apuana lavorano due detenuti di Massa. Altri due dello stesso carcere lavorano in uno stabilimento balneare della Versilia. Tre detenuti di Sollicciano lavorano nella ditta edile delle sorelle Petrichella e fanno manutenzione negli immobili del Comune di Firenze.

Per la ristorazione abbiamo un protocollo d’intesa con Fipe ConfCommercio firmato il 30 gennaio 2024 al ministero della Giustizia. Impiegano i detenuti di Seconda Chance tantissimi bar e ristoranti. Il gruppo Palombini a Roma ha tre detenuti in sala e al banco. La Fabbrica di san Pietro in Vaticano, che ha assunto tre detenuti e ne aspetta altri cinque, li impiega quasi tutti nel punto ristoro sulla terrazza sotto al Cupole: il bar “Cupola”.

Abbiamo l’adesione anche di aziende di logistica, di una società di cacciatori di teste quale Hunters Group entusiasta del detenuto di Bollate assunto a gennaio, della catena di gelaterie di Milano Gusto 17, della Fattoria della Piana di Rosarno, del resort/azienda agricola di Racalmuto Terre di Zaccanello.

 

Come si articola la formazione per consentire il matching tra domanda e offerta?
La maggior parte delle imprese, ad esempio McDonald’s, sceglie di formare il detenuto in azienda subito dopo l’arrivo. Hanno operato in tal senso anche Joule, che fa logistica per Conad Nord Ovest e ha assunto detenuti di Civitavecchia e di Cagliari, e Fiege Logistics, che ha assunto detenuti di Pavia e di Piacenza per gli stabilimenti di Stradella e Castel san Giovanni. Seconda Chance porta anche formazione. Ad esempio, con Bosch Italia abbiamo organizzato corsi per manutentori di e-bike nelle carceri di Monza, Como, Torino e Ancona.

 

Quale è il maggior valore aggiunto che riscontrano le imprese, e quale quello per le figure inserite? Le opportunità per le Pmi non si fermano al mero inserimento di personale ma hanno a che vedere con il messaggio che le stesse aziende lanciano all’esterno e all’interno con scelte di questo taglio.
La maggior parte delle aziende che tengono a trasmettere un vero messaggio di inclusività preparano i loro dipendenti ai nuovi inserimenti e riescono anche a commuovere la new entry il giorno del suo arrivo. Nel ristorante di Roma Le Serre by ViViBistrot ricordo che la brigata di cucina fece una colletta per accogliere l’aiuto-chef Marcello, uscito per lavorare dopo 21 anni di carcere: gli furono donati uno zaino e la tessera della metropolitana.

 

In che modo state provando ad allargare il network e la visibilità del percorso, e con quali prospettive per il futuro?
Non potendoci permettere l’acquisto di una pagina di giornale o di uno spazio pubblicitario in tv, ci diamo da fare con i nostri mezzi. Post sui social, convegni e dibattiti, articoli sui media: ne sono usciti oltre 230 da quando esiste Seconda Chance. Ma è scrivendo e telefonando indiscriminatamente alle aziende che riusciamo a conquistare imprenditori smart. Il passaggio successivo è la conversazione di presenza o la videocall. È tutto molto faticoso e infatti la maggior parte degli aspiranti collaboratori di Seconda Chance dopo un po’ mi molla, scompare, si dilegua. Del resto, lo metto subito in chiaro che questo impegno porta risultati solo se gli si dedica tempo ed energie.

Seconda Chance opera direttamente sul campo, cerca adesioni attraverso un attivo “porta a porta” nella consapevolezza che solo una sistematica azione artigianale può sconfiggere certi scetticismi. Guardandosi in faccia ci si confronta meglio, con chiarezza e con velocità. Aiuta anche il passaparola, tante aziende contente dei loro acquisti hanno trasmesso il messaggio. Non sono certo pochi i detenuti che dopo alcune proroghe si sono guadagnati il contratto a tempo indeterminato. Uno di loro lavora con soddisfazione reciproca da Terna.

 

 

(Articolo pubblicato sul numero di ottobre de “L’Imprenditore”)

 

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