Quantcast
Channel: L'Imprenditore
Viewing all articles
Browse latest Browse all 276

IA e intelligenza umana, come gestire la nuova relazione

$
0
0

Le aziende e le organizzazioni stanno conoscendo, a causa del veloce e impetuoso sviluppo delle nuove tecnologie, una fase di discontinuità di notevoli proporzioni, sicuramente senza eguali nel passato. Quanti hanno tentato dei paragoni riferendosi, per esempio, alle conseguenze dell’invenzione della stampa oppure a quelle dell’energia elettrica, sembrano essere stati animati dal desiderio di ridurre l’ansia per la velocità del cambiamento e per la perdita progressiva di punti di riferimento consolidati. Quello che caratterizza e differenzia questa fase da quelle precedenti non è solo la velocità dell’evoluzione, ma anche l’ampiezza delle ricadute e delle implicazioni nonché l’inarrestabilità.

 

Più che a precedenti esperienze, sarebbe più coerente fare riferimento alle immagini mitologiche del vaso di Pandora o anche alla bisaccia contenente tutti i venti, consegnata dal dio Eolo a Ulisse. Non solo, ma i cambiamenti che sono in corso oggi sono molto più veloci e dirompenti rispetto a quelli del passato, con il risultato che si riduce la risorsa tempo per riflettere, decidere e impostare una transformation road map, fare le scelte adeguate per difendere e consolidare il vantaggio competitivo.

 

Grazie all’esperienza che stiamo sviluppando con le aziende clienti nonché allo studio e al monitoraggio continuo delle applicazioni dell’Intelligenza artificiale, comunemente identificata con l’acronimo italiano IA, nonché dell’Intelligenza artificiale generativa, GenAI, riteniamo essenziale favorire all’interno dell’azienda la creazione e lo sviluppo di un digital mindset, acquisire cioè quell’insieme di attitudini e di comportamenti che caratterizzano un consapevole utilizzo delle nuove applicazioni, dove per consapevolezza si intende fare riferimento alla capacità di conoscere e saper gestire le nuove interazioni, sviluppare skills diverse da quelle che governano le relazioni con le persone, comprendere come lavora l’Intelligenza artificiale, come si autoalimenta, che livello di interazione sviluppare.

 

Contrariamente all’immaginario collettivo, la definizione di Intelligenza artificiale non è recente. È stata coniata per la prima volta nel 1956 dal matematico John McCarthy e questo lungo lasso temporale spiega come quanto stiamo sperimentando oggi sia il frutto di uno sviluppo carsico, ignorato o sottovalutato nel corso degli anni.

Ancora oggi ci capita nella gestione di percorsi di introduzione all’IA, di percepire la sorpresa dei partecipanti quando viene ricordata la pluralità di applicazioni dell’IA di cui facciamo ormai da anni un uso quotidiano. Tanto per citare alcuni esempi, senza con questo avere la pretesa di essere esaustivi, si pensi a quante applicazioni di IA sono installate nelle autovetture, negli smartphone, nei sistemi di posta elettronica, nei sistemi di riconoscimento vocale o facciale e così via.

Dopo la sorpresa subentra poi la naturale esigenza di comprendere come funzionino le diverse applicazioni dell’Intelligenza artificiale per poter identificare e scegliere la soluzione da adottare nel proprio contesto aziendale e come armonizzare la relazione con l’intelligenza umana. A questo proposito si rende necessario fare chiarezza e imparare a distinguere fra Intelligenza artificiale (artificial intelligence), apprendimento automatico (machine learning), apprendimento profondo (deep learning).

 

L’Intelligenza artificiale si occupa di creare sistemi e tecnologie capaci di simulare funzioni cognitive umane. Questi sistemi sono progettati per eseguire compiti che richiedono intelligenza, come il riconoscimento vocale, la comprensione del linguaggio naturale, la visione artificiale e la presa di decisioni. Per esempio, le chatbot che rispondono automaticamente alle domande degli utenti su un sito web o i sistemi di raccomandazione sui servizi di streaming, come Netflix, sono esempi di applicazioni di IA.

 

Il machine learning è una sottocategoria dell’Intelligenza artificiale che si concentra sullo sviluppo di algoritmi e modelli che permettono ai computer di apprendere dai dati senza essere esplicitamente programmati per svolgere un compito specifico. I modelli di machine learning migliorano le loro prestazioni attraverso l’esperienza e l’analisi di dati. Si pensi, per esempio, all’algoritmo di classificazione che impara a riconoscere e-mail di spam analizzando un vasto numero di e-mail etichettate come spam o non spam.

 

Il deep learning è una sottocategoria del machine learning che utilizza reti neurali artificiali con molti strati (reti neurali profonde) per modellare e risolvere problemi complessi. Questi modelli sono in grado di apprendere rappresentazioni gerarchiche dei dati, che permettono di estrarre caratteristiche e schemi a diversi livelli di astrazione. Si pensi, per esempio, al riconoscimento facciale nelle foto, dove una rete neurale profonda analizza le immagini per identificare e classificare i volti.

 

La crescente familiarità con queste applicazioni e la ricerca di una relazione fra Intelligenza artificiale e umana non devono degenerare in una sorta di antropomorfismo, che si traduce nell’instaurare una relazione personalizzata, quasi che si interagisse con una persona. Espressioni divenute ricorrenti nell’uso quotidiano quali “ehi Siri”, “ehi Alexa”, “ok Google”, sono la conferma di questo fenomeno che gli esperti definiscono conversational user interface, che non deve alterare l’effettivo livello di interazione che può svilupparsi fra IA e intelligenza umana.

Entrando nel merito di questa collaborazione, sono diverse le opportunità che permettono di migliorare la produttività, l’innovazione e la qualità delle decisioni attraverso la valorizzazione dei punti di forza di entrambe le intelligenze per ottenere risultati superiori rispetto a quelli che si potrebbero raggiungere con l’uso esclusivo di una delle due. Valgano come esempi l’automazione, il supporto ai processi decisionali, l’innovazione e lo sviluppo dei prodotti.

 

Riportiamo qui di seguito alcuni concreti esempi che abbiamo avuto modo di monitorare nelle aziende clienti.

 

L’IA può automatizzare compiti ripetitivi e ben definiti, liberando così tempo per le persone, che possono concentrarsi su attività più creative e strategiche. Questo approccio non solo aumenta l’efficienza, ma permette alle persone di focalizzarsi su aspetti del lavoro che richiedono intuizione e giudizio. Nel settore assicurativo, i sistemi di IA possono gestire automaticamente la liquidazione sinistri, mentre le persone possono utilizzare i risultati per prendere decisioni strategiche e pianificare nuove iniziative.

L’IA può aiutare a prendere decisioni in tempi brevissimi sulla base di dati, analisi e scenari basati su modelli predittivi, migliorando la qualità delle decisioni strategiche e operative. Per esempio, nel marketing, i sistemi di IA possono analizzare i comportamenti dei consumatori e le tendenze di mercato per suggerire campagne pubblicitarie mirate. Mentre i responsabili, con la loro comprensione del brand e del mercato locale, possono adattare queste raccomandazioni alle esigenze specifiche dei consumatori.

Gli algoritmi dell’IA possono analizzare enormi quantità di dati per identificare opportunità di innovazione e generare idee. Nel settore della farmacologia, l’IA è usata per scoprire nuove molecole e farmaci. Gli scienziati possono collaborare con modelli di IA che analizzano dati genetici e clinici per individuare potenziali candidati per la sperimentazione.

 

Quelli riportati sono alcuni esempi, che non soltanto confermano la possibilità di una relazione positiva fra human intelligence e artificial intelligence, ma ribadiscono anche  l’importanza di una gestione attenta e non delegata, la necessità di creare un digital mindset che caratterizzi l’intera azienda e non sia appannaggio di pochi, l’esigenza di impostare una vera e propria road map di digital transformation che coinvolga l’intera organizzazione aziendale.

Confrontarsi su questi temi implica una revisione della strategia aziendale e l’essenza della strategia, come diceva Michael Porter, è decidere cosa non fare.

 

 

Nota sull’autore

ANTONIO ANGIONI

Laureato con lode in giurisprudenza a Pisa, dopo aver conseguito l’MBA inizia a lavorare in Teksid (Fiat) per proseguire in Confindustria, presso l’Associazione Industriali di Firenze. Successivamente assume la Direzione Risorse Umane di Duracell in Italia, con incarichi che lo portano a ricoprire crescenti responsabilità sia in Europa che negli Stati Uniti. Rientrato in Italia diventa Direttore delle Risorse Umane e dei Servizi Giuridici del Gruppo Air Liquide Italia e quindi Direttore Generale di Right Management, società del Gruppo Manpower. In seguito, assume l’incarico di Direttore Organization and Talent del Gruppo Manpower Italia.

È autore di numerose pubblicazioni nel campo del management, con particolare interesse per i temi di change management, leadership e comunicazione. È stato membro del comitato scientifico del Master in Strategic Human Resources Management e dell’Advisory Council dell’Harvard Business Review e di MITSloan Review.

Oggi fa parte del Comitato scientifico dell’Ucid e del Comitato Calibration di Ania.

 

The post IA e intelligenza umana, come gestire la nuova relazione appeared first on L'Imprenditore.


Viewing all articles
Browse latest Browse all 276

Trending Articles