Tutt’ora laboratorio artigianale in cui tutto o quasi è fatto manualmente, Alpenzu – 4 milioni di euro di fatturato nel 2023 a fronte di 22 dipendenti – è un’azienda valdostana di tipico stampo familiare che è riuscita ad amalgamare al meglio le competenze delle sue due preziose anime: una esperta di commercio all’ingrosso di frutta e verdura, l’altra proprietaria di un albergo in cui la cura della tipica cucina del territorio ha continuato a deliziare nel tempo i palati dell’affezionata clientela proveniente da tutta la penisola e da oltre confine. Un mix vincente che, a partire dal 2001, ha iniziato a far uscire piatti tipici della zona in vasi di vetro dal quartier generale di Arnad, inizialmente per il mercato locale, per poi progressivamente trovare altri canali e ritagliarsi in questo modo uno spazio commerciali sempre maggiori anche in altre parti d’Italia.
“Alpenzu, nome di una frazione di Gressoney-La-Trinitè, località in cui viviamo, ci è venuto in mente il giorno nel quale, dopo avere scartato un centinaio di altre possibili scelte, lo sguardo è andato verso il sentiero e la relativa tabella turistica che indicava la strada per raggiungerla – spiega Luciano Brunero (nella foto in alto), amministratore unico della Pmi valdostana –. Così finalmente abbiamo deciso come si sarebbe chiamata un’azienda che negli anni a seguire si è a poco a poco evoluta pure tecnologicamente, ma sempre seguendo il principio fondante che i macchinari dovevano servire solo a fare meglio quello che nel passato veniva creato con le pentole”.
Un modus operandi studiato per mantenersi il più possibile in sintonia con le materie prime del posto e, quando questo non è possibile, i rifornimenti vengono fatti nel vicino Piemonte o al massimo in altre regioni montane. “Sicuramente, come ogni impresa che si rispetti, fare utili resta indispensabile per poter poi essere in grado di avere una maggiore libertà d’azione da un punto vista economico. Ma questo non ci impedisce di proseguire nell’impegno di garantire alla clientela la più grande qualità possibile, riservandoci sempre la possibilità di fare un passo indietro di fronte a bivi imprenditoriali che ci impongono di scegliere tra dedicarci ad una fascia commerciale o all’altra. È infatti capitato spessissimo di aver dovuto dire di no alla grande distribuzione, considerato che le quantità richieste non possono assolutamente essere compatibili con quanto possiamo produrre. Riusciamo a farcela con la fonduta ma ci fermiamo a due, tre catene di supermercati e niente di più, anche perché non credo proprio avremmo la materia prima necessaria per soddisfare quel genere d’ordini”.
Fonduta che è il prodotto di punta offerto da Alpenzu ad una clientela composta principalmente da botteghe specializzate nelle raffinatezze alimentari create da realtà regionali come l’impresa valdostana. “La fonduta è sicuramente ciò che ci chiedono in quantità maggiore non solo qui in Valle d’Aosta, ma pure dai negozi che forniamo a Roma, Napoli e in Puglia – sottolinea Brunero –. Ci domandano anche il ragù di selvaggina, come anche la gamma di confetture fatte con il 100% di frutta e senza l’utilizzo di zucchero: noi, infatti, usiamo solo succo d’uva in modo che al primo assaggio si senta subito il sapore del frutto e solo in un secondo tempo il dolce. Scelta che, comprensibilmente, visto che il prezzo del succo d’uva è tre, quattro volte maggiore rispetto a quello dello zucchero, fa sì che questo tipo di prodotti abbiano un costo più alto, continuando comunque a far appassionare tutti quelli che negli anni hanno confermato la fiducia ad Alpenzu”.
Orgogliosa di non usare né coloranti né, tantomeno, conservanti nella stragrande parte dei suoi preparati gourmet, l’azienda valdostana si limita a fare uso dei secondi esclusivamente quando si parla di ricette con ingredienti specifici. “La legge ci impone di utilizzare conservanti quando le preparazioni sono a base di formaggio o di uova, ma in tutti gli altri casi all’interno dei nostri vasi di vetro non c’è null’altro che ciò che prendiamo dalla natura. Il segreto è riuscire a rendere stabili le varie ricette della cucina del territorio, perché poi, raggiunto l’obiettivo, non c’è più alcun bisogno di usare conservanti”.
Nel frattempo, i vertici aziendali di Alpenzu stanno studiando come rendere più leggero il lavoro degli operatori, concentrandosi, tra le altre cose, sul modo con cui fargli trasportare meno pesi. “Inoltre abbiamo necessità di acquistare macchinari di ultima generazione per ridurre i tempi delle cotture sottovuoto a bassa temperatura. In questo modo, con l’obiettivo primario di preservare le caratteristiche organolettiche della materia prima, si riesce a trattare meglio il prodotto mantenendone intatto quel sapore che non abbiamo alcuna intenzione di rendere meno tradizionale”, conclude l’amministratore unico di Alpenzu, Luciano Brunero.
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