L’Europa sta affrontando un evidente processo di invecchiamento della popolazione, influenzato dalla diminuzione del tasso di fertilità e dall’incremento dell’aspettativa di vita. Questa combinazione di fattori ha portato, anno dopo anno, ad una costante diminuzione delle nascite rispetto ai decessi e ad un aumento dell’età media in tutti i paesi del Vecchio Continente.
In base ai più recenti dati dell’Ocse (2023), escludendo il Giappone, i primi 20 paesi con la più alta proporzione di anziani sono quasi esclusivamente europei. Attualmente, il paese con la più alta proporzione di anziani in Europa è l’Italia, con il 24,1% di ultrasessantacinquenni, quasi un quarto della popolazione totale.
Secondo le più recenti statistiche dell’Eurostat per il 2022, il 21% della popolazione europea ha superato i 65 anni, rispetto al 16% registrato nel 2002, con un incremento del 5%. Nel corso dei prossimi tre decenni, si prevede che la proporzione di ultrasessantacinquenni aumenterà ulteriormente in Europa fino a raggiungere circa il 28% della popolazione totale. I “grandi anziani”, ossia coloro che hanno superato gli 80 anni, hanno visto una notevole crescita percentuale rispetto alla popolazione totale, passando dal 3,5% al 6,1% nel periodo 2002-2022, e si prevede che raggiungeranno circa il 10% della popolazione nel 2050. Parallelamente, nello stesso arco temporale, la percentuale di giovani, di età compresa tra 0 e 19 anni, è diminuita evidenziando un calo del 3%, passando dal 23% al 20%.
La transizione demografica, che sta interessando i paesi europei, presenterà notevoli sfide per i sistemi di assistenza sociale. Il cambiamento nella struttura della popolazione, con un forte incremento del tasso di dipendenza degli anziani, comporterà una riduzione della dimensione della forza lavoro potenzialmente disponibile per prendersi cura delle generazioni più anziane. Secondo le proiezioni dell’Eurostat, entro il 2050 più di due terzi dei paesi europei saranno caratterizzati da un tasso di dipendenza degli anziani superiore al 50%, ossia ci saranno meno di due persone in età lavorativa per ogni persona con più di 65 anni. I paesi che raggiungeranno un tasso di dipendenza più alto sono quelli dell’area Mediterranea, in particolare l’Italia con il 66,5%, la Grecia con il 68,1% e il Portogallo con il 68,8%.
Tradizionalmente, le famiglie hanno svolto un ruolo cruciale nell’assistenza agli anziani. Tuttavia, con l’aumento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, l’allentamento dei legami familiari e il cambiamento della struttura demografica, questo modello di assistenza informale è sempre più sotto pressione. Inoltre, molti paesi europei, in particolare quelli del Sud e dell’Est Europa, investono poche risorse pubbliche nei servizi di long term care (Ltc), offrendo una copertura limitata. Ad esempio, la Grecia e la Polonia destinano meno dello 0,5% del Pil ai servizi di Ltc, mentre i Paesi Bassi arrivano al 4,4%.
La recente pandemia da Covid-19 ha messo in luce l’importanza cruciale dell’assistenza a lungo termine per gli anziani non autosufficienti, evidenziando le carenze nei servizi di supporto sociale e sanitario. Questi servizi spesso si sono dimostrati insufficienti nel soddisfare le diverse necessità fisiche, cognitive ed emotive degli anziani. La diffusione del coronavirus ha sollevato la delicata questione di bilanciare l’assistenza agli anziani con la necessità di limitare i contatti esterni per proteggere la loro salute, particolarmente vulnerabile al virus. Diversi sono stati gli effetti collaterali a livello psicologico, specialmente tra gli anziani con disabilità. Le misure di contenimento come il lockdown e le restrizioni alla mobilità hanno ridotto ulteriormente le opportunità di interazione sociale per gli anziani, separandoli dai loro caregiver, formali e informali, aumentando il loro senso di isolamento. Il disagio psicologico, già presente a causa dei preesistenti bisogni non soddisfatti, è diventato un problema ancora più urgente e diffuso durante la pandemia.
È emersa con ancora più forza quindi la necessità di migliorare i servizi di Ltc per affrontare i bisogni non soddisfatti e promuovere il benessere degli anziani. In un contesto di invecchiamento demografico, è essenziale sviluppare politiche che garantiscano un accesso equo ed adeguato ai servizi di assistenza, riducendo le disuguaglianze e mitigando l’isolamento sociale. Solo attraverso un approccio integrato e sostenibile sarà possibile affrontare le sfide poste dall’invecchiamento della popolazione e migliorare la qualità della vita degli anziani in Europa.
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Nota sull’autrice
Cinzia Di Novi è professore associato in Scienza delle Finanze presso il Dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell’Università di Pavia. Da giugno 2021 a maggio 2024 ha ricoperto il ruolo di Quantitative Policy Analyst presso il Joint Research Centre (Jrc), Commissione europea, all’interno del Competence Centre on Microeconomic Evaluation.
Recentemente è stata eletta presidente dell’Associazione Italiana di Economia Sanitaria (AIES) per il biennio 2024-2026, dopo aver servito due mandati precedenti nel Consiglio Direttivo. È membro dell’Executive Committee della Society of Economics of the Household (Seho), membro esterno dell’Health, Econometrics, and Data Group (Hedg), Centre for Health Economics (Che) University of York (Uk) e membro Comitato Scientifico del Research Centre Advance Pharmaco & Health Economics (Aphec) dell’Università di Genova.
I suoi interessi di ricerca si concentrano su economia sanitaria, economia dell’invecchiamento, valutazione delle politiche pubbliche e microeconometria applicata.
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